Intervento in Gran Consiglio sul Preventivo 2025
Presidente, Consiglieri di Stato, colleghe e colleghi,
ieri stavo guardando in televisione la cerimonia di inaugurazione della cattedrale di Notre Dame, a cinque anni dal devastante incendio che l’ha distrutta. Un simbolo universale che, nonostante le difficoltà, è stato ricostruito in un tempo record. Sembrava un’impresa impossibile, ma oggi il mondo celebra la rinascita di Notre Dame de Paris, la cattedrale emblema della capitale francese.
Vi starete chiedendo cosa c’entra tutto questo con il tema di oggi. Ebbene, scoprirete che le somiglianze sono molte. Quando, nel 1163, iniziò la costruzione della cattedrale, chi ne decise l’avvio era ben consapevole che non ne avrebbe visto il completamento. Lo stesso valeva per chi vi lavorava, contribuendo giorno dopo giorno. Infatti, la costruzione terminò solo nel 1250, ben 87 anni dopo.
Chi edificava una cattedrale, nel momento in cui posava la prima pietra, sapeva che non avrebbe mai ammirato l’opera finita. Probabilmente, nemmeno i figli l’avrebbero vista, e forse nemmeno i nipoti. Erano progetti che andavano oltre una singola vita: autentici cantieri che attraversavano generazioni. Da qui nasce l’espressione “pensiero a cattedrale”, una visione di società che si estende oltre i confini della nostra epoca, un patto intergenerazionale che rende possibili grandi imprese per il bene collettivo.
Questa mentalità rappresenta la capacità di guardare al di là del momento presente, di trascendere i bisogni immediati e abbracciare una prospettiva di lungo periodo, sempre orientata al bene comune. È un invito a costruire non solo per noi stessi, ma per le generazioni future, consapevoli che la grandezza delle nostre azioni sarà il frutto della nostra capacità di pensare oltre l’oggi. Il concetto non è sicuramente un’esclusiva francese e non riguarda solo gli edifici religiosi, pensiamo alla Svizzera e al Ticino: a opere come Alptransit o all’Università della Svizzera italiana, che proprio in questi giorni festeggia l’anniversario del giorno in cui ricevette il riconoscimento ufficiale da parte del Consiglio Federale.
Torniamo al presente, al concetto di finanze sane come impegno intergenerazionale. È evidente a tutti noi che, negli ultimi anni, siamo rimasti intrappolati in un continuo affanno finanziario, che ha messo la politica in una situazione di stallo. Questo contesto, dominato da questioni economiche e contabili, ha impedito di concentrare gli sforzi sulla pianificazione di piani strategici per il futuro, la “nostra cattedrale” inteso come il concetto di un futuro che non riguarda solo i nostri conti, ma il desiderio di lasciare alle generazioni successive un mondo più prospero di quello che noi stessi abbiamo ereditato.
Il Preventivo 2025 presenta diverse criticità che gli impediscono di affrontare efficacemente la situazione attuale. Sebbene rispetti ancora il freno ai disavanzi per il 2025, propone un deficit di 64 milioni di franchi, già lievitato a 102 milioni dopo il respingimento della tassa di collegamento e della rinuncia alla compensazione parziale della progressione a freddo da parte del Legislativo, che la maggioranza della gestione è riuscita a diminuire a 89 milioni proponendo misure di contenimento alternative. Per gli anni successivi, i deficit previsti arriveranno quasi a superare i 200 milioni di franchi all’anno e non rispetteranno il meccanismo del freno ai disavanzi.
Inoltre, il documento manca di un piano di rientro strutturato, limitandosi a considerazioni puntuali che non permettono un reale dibattito politico sulle priorità strategiche. Molte delle misure, come oltre la metà degli interventi del Consiglio di Stato sulle spese di trasferimento, sono di carattere transitorio e non possono essere consolidate nel lungo periodo.
Il clima culturale e politico è sempre più caratterizzato da una mancanza di responsabilità e da un populismo del consenso facile. Un populismo che risponde a ogni minima protesta con concessioni, evitando scelte difficili e sacrifici necessari. Sembra che, in nome di un consenso immediato, qualsiasi intervento diventi un tabù, rappresentando il famoso atteggiamento del “Not in my backyard”: vogliamo tutto, purché non ci tocchi direttamente.
Questo atteggiamento crea un immobilismo totale. Vogliamo sempre più servizi, prestazioni migliori e più rapide, ma non siamo disposti a mantenere i conti in ordine. Si dà per scontato il benessere che abbiamo, dimenticando che le risorse dello Stato sono limitate.
Il nostro compito, come classe politica, deve essere quello di rompere questo circolo vizioso. Non possiamo permettere che la paura di perdere consensi impedisca scelte coraggiose e necessarie. Dobbiamo tornare a pensare al futuro, con responsabilità e visione. È tempo di riconoscere che il benessere che abbiamo oggi non è garantito per sempre e che la stabilità delle finanze pubbliche non è solo una questione tecnica, ma un impegno morale nei confronti delle generazioni future.
È arrivato il momento di cambiare approccio. Continuare a discutere anno dopo anno i conti dello Stato non funziona più, ed è evidente. Ci troviamo sempre sotto la pressione dei tempi, o peggio, di emendamenti dell’ultimo minuto presentati in aula, spesso anche da chi, a parole, dovrebbe sostenere un compromesso già fragile. Con quasi 80 emendamenti sul tavolo, ognuno cerca di eliminare o indebolire una parte delle misure in base alle proprie sensibilità o, peggio, al vento elettorale. Qualcuno per cui ho sempre nutrito un grandissimo rispetto e stima direbbe “troppo facile amico”.
Da diversi anni viviamo questo “balletto degli equilibri” e, ogni anno, si ripete la stessa situazione. È chiaro che serve un cambio di paradigma: dobbiamo adottare un intervento strutturato e slegato dal preventivo annuale, con un pacchetto di obiettivi chiari di rientro finanziario entro il 2028. Non interventi occasionali, ma un pacchetto di misure strutturali mirate a un risanamento duraturo.
Questo approccio deve avere un orizzonte temporale di medio termine, per permettere l’assorbimento graduale di eventuali riduzioni o congelamenti. Inoltre, è fondamentale istituire meccanismi di monitoraggio simili a quelli presenti a livello federale, per garantire trasparenza e verificare l’efficacia delle misure adottate.
In conclusione, desidero esprimere un sincero ringraziamento al relatore, il collega Caprara, e ad alcuni membri della Commissione gestione che hanno creduto veramente in questo lavoro e hanno contribuito a portarlo avanti con impegno.
Alla luce degli ultimi sviluppi, il mio gruppo, in linea di principio, sostiene il rapporto di maggioranza. Tuttavia, ci riserviamo di valutare il sostegno definitivo al Preventivo tenendo conto del risultato complessivo del dibattito di questi giorni, con particolare attenzione all’esito delle votazioni sugli emendamenti.